Tadasuni è un un paesino di 150 anime nel cuore del Guilcer nel centro Sardegna, circondato dal verde delle sue campagne e dal silenzio delle sue stradine. A Tadasuni, in realtà, non succede mai niente, o almeno niente che possa diventare motivo di turismo di massa. Tranne che per Pasqua.
La Settimana Santa di Tadasuni rivive ogni anno i riti tradizionali paraliturgici che sono andati persi in gran parte dell’isola. La Pasqua è un momento di forte spiritualità in tutta Italia, ma passarla in Sardegna, è un’esperienza unica. Da alcuni anni, l’organizzazione della Pasqua a Tadasuni è frutto dell’opera della Parrocchia di recupero delle tradizioni antiche proprie della Settimana Santa.
Fino a qualche tempo fa, infatti, ne rimanevano tracce ma senza un filo conduttore preciso, segni e simboli spesso slegati dal contesto generale di cui si era perso il significato. La ricostruzione nasce grazie alla minuziosa ricerca dei riti propri della tradizione del paese che solo gli abitanti più anziani vagamente ricordavano.
“Molte tradizioni si stanno perdendo, credo che la nostra Settimana Santa non abbia nulla da invidiare alle altre Settimane Sante, solo che altri paesi hanno più risorse per pubblicizzare l’evento. Piccoli paesi come Tadasuni hanno meno risorse, ma ciò non significa che le cose non siano fatte bene. Al contrario, si respira dedizione, impegno e soprattutto preghiera. Tra i turisti ci sono quelli che sono più curiosi delle tradizioni ma anche quelli più credenti, cattolici e non solo, che magari vorrebbero vivere la Pasqua in maniera più intima oltre che vedere riti diversi da come si svolgono nei loro paesi e unirsi alla preghiera propria delle nostre genti nelle nostre piccole realtà”, ci ha detto don Antonio. E noi siamo d’accordo.
Qui di seguito i momenti più salienti della Pasqua tradizionale di Tadasuni e alcuni consigli per parteciparvi. Se avete poco tempo in Sardegna e volete visitare più luoghi, è comprensibile che non possiate passare tutta la settimana santa a Tadasuni. Questa guida serve proprio ad aiutarvi a capire quali sono gli eventi e le cerimonie che più attirano la vostra attenzione e il vostro spirito.
Tradizioni pasquali di Tadasuni – I momenti più importanti da non perdere
Tra le figure che si adoperano per la diretta preparazione della Settimana Santa troviamo la Confraternita, l’obriere di San Nicola e il Gruppo liturgico, ognuno con le proprie funzioni; lavorano in stretta sinergia con il parroco che coordina l’intera preparazione.
Il venerdì precedente all’inizio della Settimana Santa, infatti, noto come venerdì di passione, gli uomini parte della confraternita si incontreranno nei locali parrocchiali per portare avanti la tessitura delle palme. L’obriere si preoccupa della preparazione de “sos mazzuleddos“, dei piccoli mazzi di ulivo e foglie di palma che saranno consegnati a tutti i partecipanti alla funzione liturgica.
Domenica delle Palme
L’inizio delle celebrazioni della Settimana Santa coincidono con la Domenica delle Palme e a Tadasuni si parte dalla chiesetta di Santa Croce dove i fedeli riuniti aspettano l’arrivo del parroco e della confraternita per commemorare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Qui il sacerdote recita la preghiera di benedizione e asperge i rami di palma e ulivo con l’acqua benedetta.
La processione verso la chiesa parrocchiale di San Nicola è aperta da un confratello con il turibolo e la navicella per bruciare l’incenso seguiti dalla croce parrocchiale ornata con rami di ulivo e palma e velata di viola. A seguire il parroco e i confratelli.
Dopo il suono della campanella, il sacerdote inizia la celebrazione con il consueto saluto liturgico e una monizione introduttiva. Questo è anche il momento in cui il sacerdote asperge i rami con l’acqua benedetta.
Dal centro del presbiterio, il sacerdote distribuisce i rami di palma e “sos mazzuleddos“, ai confratelli e a tutti i fedeli presenti.
Una volta terminata la distribuzione delle palme e degli ulivi, si forma il corteo per la processione verso la chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari. Il corteo è aperto da un confratello con il turibolo fumigante seguito dalla croce parrocchiale ornata con rami di ulivo e palma e velata di viola. A seguire i restanti membri della confraternita, il parroco e i fedeli.
Il tragitto tra le due chiese in realtà è brevissimo e la strada non ha nessun livello di difficoltà, chiunque la può percorrere.
Giovedì Santo, i riti che danno inizio al Triduo Pasquale
La preparazione e coordinazione dei riti del giovedì santo sono possibili grazie alla stretta collaborazione trai i confratelli, il gruppo liturgico, l’obriere di San Nicola e il parroco. L’obriere organizzerà il tavolo destinato alla commemorazione dell’Ultima Cena.
In sardo, questo tavolo, da prepararsi nella Chiesa di Santa Croce o nella cappelletta di Sant’Antonio Abate, è indicato con il termine de “su lavabu“. Posizionato su un tappeto rosso, il tavolo sarà apparecchiato e imbandito con una apposita tovaglia, due brocche con il vino, dodici pani, dodici arance, dodici erbe amare e un sacchetto con trenta monete.
L’obriere di San Nicola sarà anche incaricato della preparazione dei “mazzuleddos“, i piccoli mazzi di erbe composti da issopo, violaciocca, rosmarino e nepitella, e di organizzare l’occorrente per la lavanda dei piedi cioè una brocca, un bacile, un grembiule e due asciugamani.
La lavanda dei piedi viene fatta con una liscivia che in sardo si chiama “sa lisia“. Questa è un decotto a base di cenere colata e tre mazzetti di nepitella, rosmarino, violaciocca e issopo. Il processo per la preparazione della liscivia è lungo in quanto si deve ripetere finché la lozione sarà senza scorie e rilascerà un piacevole profumo.
Il gruppo liturgico, che sostituisce le antiche prioresse e il loro operato certosino, avrà il compito di preparare l’altare in modo modesto e consono al momento di lutto e mestizia che la caratterizza la celebrazione, i fiori e le lampade ad olio tradizionali dell’altare della reposizione, cioè dove viene riposta e conservata l’Eucaristia dopo la Messa del giovedì santo.
Sempre in questo altare vengono deposti i piatti con “su nennere“, ovvero dei piatti nei quali è stato piantato del grano una ventina di giorni prima e fatto crescere al buio. Il grano nuovo è segno della vita che sta per risorgere.
Mentre si canta il Gloria, le campane suoneranno per l’ultima volta fino al Gloria della Veglia Pasquale. Al posto della campanella normalmente usata durante la messa, questi giorni verrà utilizzata la tradizionale raganella di legno che in sardo si chiama “matracula“.
Alla fine della consueta omelia, il sacerdote, deposto il paramento sacro, indossa il grembiule e, con un asciugamano sul braccio sinistro e la brocca con il mazzo di erbe aromatiche nella mano destra, si accinge a iniziare il rito della lavanda dei piedi da sinistra a destra, spalle all’altare e aiutato da uno dei confratelli.
I confratelli, sempre vestiti e incappucciati con il loro caratteristico abito bianco, si siedono sulla prima fila delle bancate e il sacerdote procede tracciando sul piede destro una croce con un mazzetto di erbe imbevuto di “lisia“, li asciuga e li bacia. Terminato il rito la messa prosegue secondo le norme liturgiche senza recitare il Credo.
I riti del giovedì santo non si concludono qui. Dopo la messa, infatti, la confraternita dà inizio alla processione verso la chiesa di Santa Croce dove sacerdote e confratelli prendono posto intorno alla tavola preparata dall’obriere di San Nicola e si accingono a rivivere i momenti dell’Ultima Cena.
Prima di procedere con la benedizione del pane e del vino, viene letto il vangelo del comandamento nuovo, ovvero, quando Gesù durante l’ultima cena dice agli apostoli: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. Il rito termina con la distribuzione a tutti i presenti del mazzetto di erbe aromatiche.
Venerdì Santo – I riti della Crocifissione e della Deposizione
A mezzogiorno del Venerdì Santo, il parroco, l’obriere di san Nicola e chi volesse partecipare assisterà al rito paraliturgico de s’Incravamentu, ovvero, l’innalzamento della grande croce, velata, al centro della chiesa.
Seguendo un’antichissima tradizione, in questo giorno la Chiesa non celebra nessun sacramento, ad eccezione della Penitenza e dell’Unzione degli Infermi. Tutta la chiesa è spoglia e le statue sono velate di viola. A differenza di molti altri comuni in Sardegna, a Tadasuni, il Venerdì Santo non si fa la Via Crucis.
La sera si terranno le funzioni liturgiche del Venerdì Santo seguite dalla paraliturgia de s’Iscravamentu, il termine sardo che indica la deposizione di Gesù dalla croce.
I fedeli si riuniscono intorno alla rappresentazione sacra che viene condotta quasi interamente al buio. Le luci della chiesa vengono spente e rimarranno accesi solo i faretti dell’altare e delle cappellette laterali. I due giudei, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, impersonati da due confratelli, si siedono davanti alla croce qualche istante in preghiera mentre il sacerdote li guida.
Prima di deporre il corpo di Cristo dalla croce si inginocchiano di fronte alla Madre per chiederne il permesso e poi di nuovo davanti alla croce. Per il rito, i due giudei salgono sulle scale poste davanti alla croce e uno estrae la corona di spine, la bacia, la fa baciare all’altro giudeo e la mostra al popolo. A questo punto, la consegna al confratello che sta sotto la croce il quale la bacia, la mostra alla Madre e la depone sul capo della stessa.
Dopo la corona di spine, i giudei si accingono a estrarre i chiodi partendo dalla mano destra. Anche qui il rito prevede che i tre confratelli bacino tutti e quattro i chiodi prima di riporli sul piatto da mostrare a tutti i fedeli e alla Madre per poi riporglielo davanti.
A questo punto, il corpo del Cristo morto viene presentato alla Madre e ai fedeli riuniti. Passa in mezzo al popolo che si alza in segno di riverenza e viene riposto sulla lettiga dove sarà incensato con gli stessi profumi e erbe aromatiche usati per la sua sepoltura, mirra e aloe, e coperto con un velo nero.
Concluso il rito paraliturgico, ha inizio la processione del Cristo morto, il funerale di Gesù, seguito dal sacerdote, dall’Addolorata e dai fedeli con una candela per le vie del paese addobbato con drappi neri verso la chiesa di Santa Croce. Qui la lettiga che trasporta il corpo di Cristo viene deposta per un po’ sulla mensa dell’altare e l’Addolorata sul tavolo preparato apposta mentre i fedeli continuano a cantare qualche strofa de “i gosos de sa deposizione“.
Prima di riprendere la processione verso la chiesa parrocchiale di San Nicola, qui vengono lasciate le scale e la croce, mentre in parrocchia la lettiga viene sistemata nella cappella di Sant’Antonio Abate per dare modo ai fedeli di pregare e venerarla con il bacio tradizionale.
Sabato Santo nel segno della Veglia Pasquale
Il Sabato Santo è un giorno di silenzio dedicato alla Veglia Pasquale, all’addobbo della chiesa e del portone, e alla preparazione dei simulacri del Cristo Risorto e della Madre Addolorata.
In particolare gli uomini, preparano la tradizionale “proinca“, una ghirlanda intrecciata con la pianta della pervinca che nel periodo in cui cade la Pasqua è sempre in fioritura, rappresentando la vita che rinasce dopo il buio dell’inverno, la vita che risorge dopo la morte.
Durante la Veglia, al canto del Gloria, i membri della confraternita provvederanno a far risuonare le campane che erano rimaste in silenzio per due giorni e a svelare le statue all’interno della chiesa.
Domenica di Pasqua a Tadasuni
La domenica di Pasqua a Tadasuni si apre con il solenne rito de S’Incontru, quando la Madre Addolorata incontra il Figlio risorto. Partendo dalle estremità opposte della strada, i simulacri dell’Addolorata e del Cristo Risorto si genuflettono per tre volte e a ogni genuflessione si avvicinano. Alla terza genuflessione, i due simulacri si incontrano, si baciano e, su un tappeto di fiori, il sacerdote rimuove il velo di lutto della Madre dando inizio, dopo il canto del Regina Coeli, alla processione verso la parrocchia.
Al momento della rimozione del velo dall’Addolorata, le campane suonano a festa e i colpi di fucile a salve, “sos coettes“, accompagnano la processione per le vie delle paese addobbate con drappi bianchi e rossi in segno di devozione e reverenza.
Come organizzare la visita a Tadasuni per Pasqua
Che siate interessati a tutti i rituali della Settimana Santa e della Pasqua a Tadasuni o solo ad alcuni, il mio consiglio è comunque di pernottare in zona. A Tadasuni non ci sono hotel, ma diverse sistemazioni sono disponibili a Ghilarza, un paesino a meno di 5 chilometri di distanza.
Per visitare la Sardegna è necessario avere una macchina, che si può noleggiare all’arrivo in aeroporto, se non si viene con la propria in nave. Pernottare in zona è conveniente non solo per arrivare a Tadasuni quando i riti pasquali sono in calendario ma anche perché essendo il centro dell’isola, molti monumenti sono facilmente raggiungibili, inclusi diversi siti archeologici come il Nuraghe Losa, il Pozzo Sacro di Santa Cristina e Su Nuraxi di Barumini.
Per mangiare invece, a Tadasuni stesso c’è un buon ristorante che gli amanti della carne non si vorranno perdere, Brasia BBQ Agricolo lungo Corso Impero. Se invece siete a Ghilarza all’ora di pranzo o cena, tra i migliori ristoranti ci sono Al Marchi (Piazza Eleonora, Ghilarza) e il Valparaiso (Via Gennargentu).